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Ambasciatore della tradizione dolciaria siciliana, prima a Milano con l’esperienza a Expo 2015 e nel 2016 con un temporay shop in corso Magenta, poi a Roma grazie all’ingresso di un partner, Ammu ha collezionato ad oggi sei aperture e si appresta a realizzare nuove operazioni con l’inizio del 2020.

Intervistato a pochi mesi dall’ultimo taglio del nastro, in via Broletto a Milano con la consulenza immobiliare di Engel & Völkers Commercial, Stefano Massimino, cofounder insieme alla moglie Marzia Capace, ha raccontato a r&f i fattori chiave alla base del successo del format, che potremmo sintetizzare in un assortimento di qualità con il 98% delle materie prime di provenienza siciliana, in uno sviluppo delle rete di vendita ponderato e sostenibile, e nell’attenzione al servizio alla clientela.

Ripercorriamo la storia di Ammu, dalla nascita del format dopo il successo a Expo 2015 alla realizzazione dei primi locali, fino al presente e quindi uno sguardo al prossimo futuro.

Stefano Massimino

Nel 2016, dopo l’esperienza di Expo, l’obiettivo era di verificare la presenza di una domanda inespressa a Milano, uno spazio di mercato legato alla pasticceria siciliana. Di conseguenza abbiamo aperto un temporary store al civico 12 di corso Magenta, della durata di sei mesi, nel corso dei quali abbiamo studiato non solo l’efficacia della proposta commerciale ma anche la città stessa di Milano, i suoi flussi, ecc. Da questa prima attività abbiamo dedotto che il format avrebbe avuto una dimensione ottimale di circa 30/40 mq, anche se poi abbiamo aperto anche un locale più grande, in corso Garibaldi, e nel 2020 ne avvieremo un altro di ben 120 mq, dove porteremo una proposta sia dolce sia salata. Assortimento, quest’ultimo, che stiamo già sperimento nel locale di corso Garibaldi e che si compone di pochi prodotti ma altamente rappresentativi della tradizione siciliana, tutti rigorosamente preparati al momento, come l’arancino, la caponata e ancora formaggi e salumi tipici. Sottolineo che parallelamente stiamo lavorando all’implementazione della comunicazione e all’immagine in store, con soluzioni sempre fresche e moderne.

Come si articola ad oggi la rete di vendita Ammu?

Ci sono quattro locali a Milano, in corso Magenta al civico 32, in corso Garibaldi, in corso di Porta Romana e da ultimo in ordine di tempo in via Broletto. E due a Roma, di cui il primo per noi all’interno di una food court di un centro commerciale, ancorché urbano, posizionato sull’Appia Nuova. Il nostro obiettivo è sempre quello di aprire nei centri storici ma a Roma, a causa della normativa locale, non è semplice, per cui il centro commerciale può diventare un facilitatore.

Quali sono i numeri dell’insegna in termini di scontrino medio, referenze, investimento per singolo locale, fatturato annuo per punto vendita e incidenza tra asporto e somministrazione?

Lo scontrino medio è di 7 euro perché in genere si compone di più di un prodotto, ma il dato oscilla in base ai negozi e alla fasce orarie. Ciò è reso possibile dal fatto che mettiamo in esposizione un gran numero di referenze, circa 200, che tuttavia nel periodo estivo vengono ridotte per poi tornare a regime a settembre. L’investimento per realizzare un singolo punto vendita di 30-40 mq è di circa 50-60mila euro, dato cresciuto rispetto alle prime aperture quando puntavamo quasi esclusivamente sulla qualità del prodotto e sulla valorizzazione economica del personale; mentre il fatturato annuo si posiziona sui 280-300mila euro. Chiaramente per un locale di 120 mq l’importo dell’investimento sarebbe decisamente più consistente. Per quanto concerne, invece il rapporto tra vendita e somministrazione, le percentuali sono rispettivamente 60- 40%, anche se ovviamente i numeri variano da punto vendita a punto vendita: ad esempio, in quello di corso Magenta si lavora quasi esclusivamente sull’asporto, che raggiunge punte dell’80%, mentre in quello di via Broletto è il contrario. Ciò è da spiegarsi con il fatto che il locale è stato aperto in un periodo estivo, tra maggio e giugno, per cui il cliente non è ancora abituato a portare via il prodotto. Per potenziare l’asporto siamo molto attenti a dare un servizio di comunicazione e prenotazione anche online, attraverso i social network, il sito internet, l’email e il delivery che recentemente abbiamo ridiscusso con i vari player. È fondamentale infatti che il prodotto arrivi al cliente in condizioni ottimali. Sottolineo infine che tra off e online manteniamo sempre lo stesso pricing.

Siete alla ricerca di potenziali partner?

Premetto che non credo nella formula del franchising, perché ritengo che nel food sia difficile condividere la vision del progetto. Al contrario valutiamo con piacere manifestazioni di interesse da parte di potenziali investitori e a dimostrazione vantiamo già due partnership attive, una su Milano e l’altra su Roma. Ma sottolineo che non siamo interessati al mero contributo economico bensì, piuttosto, a condividere opportunità interessanti sul mercato.

Quali sono i progetti di crescita per il futuro?

Mi piacerebbe estendere la rete in altre città italiane ma, ad oggi, abbiamo valutato di consolidare la nostra presenza in queste due realtà, Milano e Roma, allargandoci eventualmente a contesti limitrofi come, in Lombardia, Monza o Pavia. Dopo l’esperienza a Mapic Food maturata lo scorso maggio, stiamo valutando infine operazioni anche all’estero, da condursi rigorosamente attraverso partner locali.

A.P.

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