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La fiera Zoomark di Bologna è stata l’ultimo appuntamento per i player del settore pet. Un comparto che cresce dell’1,5% per un giro d’affari di oltre due miliardi. A trainare le vendite sono le 416mila tonnellate vendute a livello grocery, ma il canale di riferimento rimane il negozio tradizionale.

LE INTERVISTE AI BRAND: Maxi Zoo, Dog&Company, Zooplanet, Arcaplanet.

Presentato a Bologna il 6 maggio, in concomitanza con la maggiore fiera italiana di settore, il rapporto Assalco-Zoomark ha scattato la fotografia del mercato pet. Sviluppato in collaborazione con IRI Information Resources, la società di ricerche e mercato Doxa e l’Anmvi (Associazione medici veterinari italiani), lo studio ha preso in esame le dinamiche dei canali di distribuzione del pet food e il rapporto fra gli italiani e gli animali da compagnia. Dal rapporto emerge che, nel 2018, sono stati censiti 60.227 pet in Italia che muovono un’industria da oltre 2 miliardi di euro di fatturato (+1,5%). Il mercato dei prodotti per la sola alimentazione di cani e gatti in Italia ha sviluppato un giro d’affari di 2.082 milioni di euro per un totale di 565.136 tonnellate vendute.

La dinamica dei prezzi

Il pet food si conferma, dunque, un mercato in crescita a valore, con un tasso di sviluppo superiore a quello del largo consumo confezionato, pari a +0,1% nel 2018. Per quanto riguarda la dinamica dei prezzi, il 2018 ha segnato un moderato incremento legato soprattutto alla composizione del carrello da parte dello shopper che si orienta sempre più verso prodotti premium, di alta qualità, formati più piccoli con un rapporto euro/kg più alto, alimenti dietetici nel canale specializzato e prodotti che cavalcano i trend emergenti (esempio: bio, naturali, con un’unica fonte proteica, formulati con materie prime selezionate, light, ecc).

I canali del pet food

Spostandosi sul lato retail, il fatturato del mercato dei prodotti per l’alimentazione di cane e gatto è sviluppato da tre piattaforme distributive: grocery, pet shop tradizionali e catene che mostrano dinamiche e performance differenti per il totale mercato e suoi segmenti principali. Presi singolarmente, il grocery (che raggruppa ipermercati, supermercati, Lsp, drogherie e discount) canalizza il 55,3% del fatturato complessivo (1.151 milioni di euro) e il 73,7% dei volumi (416mila tonnellate) nonostante un rallentamento che ha comportato prestazioni sostanzialmente flat a +0,4% di fatturato e -2,2% di volume. Per correre ai ripari alcune insegne del comparto hanno da tempo dato avvio a uno sviluppo di format verticali dedicati alle referenze pet. Detto altrimenti, punti vendita specializzati che puntano sull’assortimento (ampio e comprendente prodotti premium, funzionali, dietetici) e sul servizio (personale qualificato, servizi di toelettatura e, a volte, veterinari) per contrastare la crescente competizione delle catene pet shop. Per quanto riguarda le catene pet shop (circa 690 punti vendita totali), queste canalizzano l’8,9% dei volumi e il 13,8% dei valori per un totale di 50,6 tonnellate vendute e 287,7 milioni di euro incassati. Il trend rimane favorevole con dinamiche del +10,1% a valore e del +7,3% a volume. Infine, i pet shop tradizionali (circa 4.960 punti vendita) rappresentano il principale canale del commercio non grocery in cui sono distribuiti i prodotti per animali da compagnia in Italia. Coprono solo il 17,4% dei volumi (che corrispondono a 98.143 tonnellate circa), ma generano il 30,9% dei valori (642,7 milioni di euro di fatturato). Nel 2018 il canale  mostra un fatturato in linea con lo scorso anno e una flessione dei volumi del -1 per cento.

Questione di identità

Nonostante una concorrenza forte da parte delle catene che continuano a crescere con ritmi sostenuti, l’avvento di nuovi format distributivi e l’eCommerce, l’innovazione, il servizio e la focalizzazione sul core business consentono ai pet shop di difendere la propria identità e il giro d’affari sviluppato dal canale. Sintetizzando, quindi: il pet shop tradizionale si conferma un canale ad alta redditività insieme alle catene specializzate dato che, con poco più della metà dei punti vendita dei soli supermarket (4.960 vs 9.002), fattura mediamente circa il doppio per punto vendita: 129.585 euro/anno contro i 69.359 euro/anno dei supermercati. Le catene recuperano grazie all’assortimento più ampio e profondo, garantendosi così un fatturato per punto vendita mediamente cinque volte superiore a un pet shop tradizionale. Nota di merito per l’eCommerce che si conferma un canale dinamico e un vero e proprio sbocco per diversi operatori. Accanto agli operatori specializzati nella vendita di prodotti per animali (vertical eCommerce) si assiste allo sviluppo delle vendite online degli operatori generalisti (gruppi della Gdo e Amazon). Un sottoinsieme che nel 2018 ha generato 8,3 milioni di euro di fatturato (che vale lo 0,4% del business).

Il network punta al Nord

Ultimo fondamentale preso in rassegna dal rapporto Assalco-Zoomark è la distribuzione geografica del network di punti vendita pet. Il Nord Italia sviluppa oltre la metà delle vendite (52%): in particolare il Nord Ovest pesa per quasi un terzo dei volumi totali (32%), mentre il Nord Est conta il 19,9% dei volumi. Il Centro, con il 28,7% delle vendite, risulta essere la seconda area in termini di incidenza sui volumi. Il Sud resta tuttora l’area che copre i minori volumi (19,3% del totale).

N.G.

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